"e tornerà il bianco
per un attimo a brillare della calce,
regina arsa e concreta di questi umili
luoghi dove termini,
meschinamente, Italia, in poca rissa
d’acque ai piedi d’un faro.
È qui che i salentini dopo morti
fanno ritorno col cappello in testa"
Leuca, fine del mondo, estremità della terra che si fa penisola, dove si deve scegliere, sopra alle scalinate infinite che guardano due mari, Adriatico e Ionio, che si mescolano in perenne conflitto. Leuca non ha altra funzione che questa: niente costoni accecanti che si inabissano, niente spiagge e anfratti marini di trasparenze divine, niente ville ottocentesche della nobiltà salentina, la vicina Pescoluse, «Maldive del Salento», «caseddhi» contadineschi. Soltanto la scelta tra due emisferi acquei che tutto originano, lì nelle onde davanti allo spettatore, creste lievi e sinistre che si stirano come elastici in questo momento per tutti i momenti della vita. Si è qui per scegliere, a Leuca «de finibus terrae», come dicevano i latini, a Leuca termine di tutte le vite
È qui il Faro oltre il quale non c’è più niente. È qui la Madonna del Santuario proiettata nel cielo dalla violenza di un capitello corinzio.
Si domina tutta dall’alto la bella Leuca, che già nel nome, dal greco “leucos”, bianco, mostra il suo orizzonte fatto di candide rocce calcaree. È il faro, alto 47 metri, che si erge su Punta Meliso, tra i più importanti d’Italia, a dominare la baia su cui sorge il borgo. Sul lungomare si succedono le eleganti dimore signorili e ville liberty, con i fregi azzurri di Villa Episcopo, le stravaganze moresche di Villa Daniele e le fantasie di Villa La Meridiana
Ai piedi del faro, c’è la Basilica di Santa Maria de Finibus Terrae, caratteristico luogo di devozione a picco sul mare, mentre, a pochi passi dal Santuario, termina l’Acquedotto pugliese, con una suggestiva cascata monumentale, affiancata da una scalinata a due rampe, inaugurata in pompa magna durante il Ventennio ed oggi aperta solo in eccezionali occasioni.
La costa frastagliata di Leuca rientra nel Parco naturale regionale Costa Otranto - Santa Maria di Leuca - Bosco di Tricase ed è impreziosita da grotte naturali, tutte raggiungibili via mare: sono i pescatori del luogo a conoscerne per filo e per segno le leggende
Leuca – nessuno nel regno la chiama Santa Maria di Leuca – è un fazzoletto nelle proprietà di Castrignano del Capo, comune col quale persiste un «dialogo aperto». Lo scirocco la imbeve, è cinta da ville: la Mellacqua turrita, San Giovanni, Meridiana, Episcopo. Le «bagnarole» di legno per i sollazzi estivi le hanno distrutte i decenni e giusto qualche superstite in muratura ricorda che le signore possedevano ognuna una fetta di mare esclusiva.
Le grotte no, tutte lì, sempre lì culle di reperti paleolitici, iscrizioni greche, latine, come occhi di mare splendenti. C’è quella detta del Diavolo perché ruggisce, il terzetto fantasmagorico delle Cazzafri, e la Bambino coi resti preistorici di un elefante e di un rinoceronte, e i Giganti, e la Presepe, e quando il sole agonizza nell’orizzonte tutte fanno a gara per berne i barbagli che dilagano come sangue per vampiri della scogliera. Più all’interno c’è la Torre dell’Omo morto a guardare l’arrivo dei turchi e dei saraceni, con lo scalo antico dei pescatori ai piedi. E da lassù, dalla sommità del faro, ci si può rendere conto che qui è il punto da cui tutto incomincia
Il santuario Finis Terrae nasce su un antico tempio dedicato alla dea Minerva. Il passaggio dal passato culto pagano al cristianesimo è testimoniato da una scritta posta all'ingresso del santuario. Secondo la leggenda popolare la visita al santuario è il primo passo per accedere al Paradiso. All'interno si trova un frammento originale del dipinto della Madonna e del Bambino che fu bruciato dalle incursioni dei pirati algerini e che adesso, rielaborato e completato, è posto sulla parete ovest del transetto.
La Chiesa è ad un'unica navata a croce latina con l'altare maggiore dove vi è collocata l'immagine della Vergine. Vi sono anche altri sei altari dedicati a S. Francesco di Paola, S. Giovanni Labre, alla Sacra Famiglia, all' Annunziata, a S. Pietro e S.Giovanni Nepomuceno. Alla fine della navata c'è un pulpito in pietra con un pannello dove compare lo stemma del vescovo Giannelli e la rappresentazione di una scena del crollo del tempio mentre appariva S. Pietro.
Antistante il santuario, un'alta colonna con un capitello corinzio e con in cima una croce in pietra, rievoca il pellegrinaggio giubilare del 1900 e il passaggio di San Pietro
Dal sagrato di Maria de finibus terrae, l’orizzonte è dominato dall’azzurro e dal verde, interpretati come espressione del celestiale e della linfa vitale che la mistica medievale chiamava viriditas. In questa «anticamera del Paradiso», come lo chiamano i leuchesi, aleggia una portentosa potenza mistica. E quando si percepisce questa la spiritualità, capiremo con certezza che non potremo più dimenticare Leuca